Medici veterinari dall’Ucraina accolti in Italia, ma c’è il divieto per gli animali randagi
Due notizie che possono interessare il mondo veterinario e che non sono state messi insieme per fare polemica ma per restituire un quadro accurato della situazione: sono stati accolti primi medici veterinari provenienti dall’Ucraina ma, contemporaneamente, il Ministero della Salute ha acconsentito al divieto di introdurre in Italia randagi provenienti dall’Ucraina.
Mentre la prima è inequivocabilmente un’ottima notizia, la seconda sta provocando reazioni dai membri della Federazione italiana per i diritti animali.
Ad oggi sono 14 in tutto i medici veterinari ucraini che hanno ricevuto alloggio e opportunità per esercitare la loro professione in Italia. Si tratta principalmente di donne che sono fuggite insieme ai loro familiari. Non è possibile stimare in anticipo quanti altri rifugiati sceglieranno il nostro Paese.
Inoltre, dobbiamo considerare che molti professionisti e medici veterinari hanno scelto di rimanere nonostante la guerra così da poter prestare le cure più urgenti agli animali.
Contemporaneamente però è stata diffusa una nota del Ministero della Salute che avalla il divieto alle associazioni di introdurre cani e gatti randagi aventi origine ucraina all’interno dei rifugi e dei canili italiani.
La reazione di Enpa, Lav, Leidaa, Lndc e Oipa non si è fatta certamente attendere. In una dichiarazione della Federazione italiana associazioni diritti animali ambiente sono oltre 80 i firmatari che esprimono contrarietà al provvedimento.
I primi medici veterinari provenienti dall’Ucraina e accolti in Italia hanno potuto manifestare il loro interesse attraverso un contact point umanitario stabilito in Polonia dal presidente dell’ANMVI Marco Pelosi.
E, sempre grazie alla medesima associazione, sono state raccolte le strutture veterinarie italiane disponibili ad accogliere temporaneamente un collega dall’Ucraina, fornendogli sia un alloggio, sia la possibilità di esercitare la propria professione.
L’ennesima prova di come gli aiuti reali possano provenire da più categorie contemporaneamente.
Il bel gesto ovviamente prevede l’assistenza anche per i membri familiari dell’interessato. Attualmente sono 14 i medici veterinari che hanno usufruito di questo canale umanitario. Sono tutte donne con al seguito i propri figli e familiari.
Il Governo italiano ha istituito una deroga alla disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie per consentire ai medici veterinari ucraini di esercitare temporaneamente la propria professione anche sul suolo italiano. La deroga durerà un anno.
Per usufruire di questa possibilità è sufficiente essere in possesso del Passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati e rispettare il requisito di essere cittadini residenti in Ucraina da prima del 24 febbraio 2022.
Il decreto è destinato a tutte quelle qualifiche professionali conseguite all’estero che sono regolate da specifiche direttive emanate dall’Unione Europea. Per quanto riguarda la professione di medico veterinario bisogna fare riferimento alla Direttiva 2005/36/CE.
Tra gli obblighi invece da rispettare per le strutture italiane che vogliono procedere a un reclutamento temporaneo c’è solamente quello di fornire all’Ordine professionale della Regione i nominativi dei professionisti assoldati.
In un precedente articolo abbiamo già parlato della possibilità di regolarizzare gli animali al seguito dei rifugiati provenienti dall’Ucraina. Tuttavia, il Ministero della Salute non ha acconsentito all’ospitalità nei confronti di cani e gatti randagi di origine ucraina.
Le motivazioni sono da ricercare anche in un rapporto realizzato dal Centro Nazionale di referenza sulla rabbia che ha stimato un notevole rischio di importazione del virus, diffuso in Ucraina.
Restano in vigore invece le raccomandazioni riguardo alla giusta profilassi da seguire per gli accertamenti di salute degli animali da compagnia al seguito. In particolare, è raccomandata l’esecuzione di qualsiasi azione utile ad assicurare la regolarizzazione come, ad esempio, il microchip e la certificazione di vaccinazione antirabbica.
Qualora un animale non fosse provvisto di questi requisiti potrà essere messa in atto ogni procedura necessaria, riducendo al minimo eventuali disagi per i proprietari. Tuttavia, l’obbligo di microchip e vaccinazione rimane.
Secondo la Federazione italiana associazioni diritti animali e ambiente, il divieto di accoglienza per cani e gatti randagi provenienti dall’Ucraina non ha alcuna giustificazione logica.
Nel comunicato firmato dagli associati si legge che la rabbia è un rischio reale ma un divieto non è la soluzione. In tutto sono oltre 80 le associazioni di protezione animale che hanno sottoscritto l’appello, tra cui anche le cinque fondatrici: Enpa, Lav, Leidaa, Lndc e Oipa.
Infatti, secondo le associazioni sarebbe sufficiente applicare il medesimo regime utilizzato per gli animali da compagnia al seguito dei profughi: differenziare in base alla presenza o meno di microchip e vaccinazioni, per poi assolvere le necessità dell’animale provvedendo a fornirgli i requisiti necessari per essere ospitato in un centro italiano.
La Federazione ha garantito l’impegno delle proprie associazioni nel fornire tutto il supporto necessario per attuare le procedure di sicurezza sanitaria.
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